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Il Taccuino del Direttore

 

Forse Grillo faceva bene ad impedire ai suoi giovani di “esternare”. Probabilmente temeva gli svarioni, frequenti in giovani certamente volonterosi ma, forse, un po’ presuntuosi.

E così Carlo Sibilia, appena eletto deputato nel Movimento 5 Stelle, sostiene che “Per governare non c’è bisogno della fiducia di nessuna delle due Camere. E’ semplice”. Questa la gaffe del neo-eletto nel Collegio Campania 2 alla Camera dei Deputati, prima su Facebook, poi in un’intervista concessa al sito urbanpost.it. Dove ha detto Per quanto riguarda la fiducia l’art. 94 parla chiaro: non è scritto da nessuna parte che il Governo debba dimettersi se non ottiene la fiducia di una o entrambe le Camere“. Lo riferisce BlitzQuotidiano.

È giovane, diranno un po’ tutti. Ma è facile dire che l’età non giustifica gli strafalcioni. Chi non sa studia. Soprattutto chi dubita della propria preparazione in un campo specifico, come quello della Costituzione, per uno che si appresta a fare il deputato.

Naturalmente la Costituzione dice una cosa ben diversa. L’articolo 94 della Costituzione, infatti, è chiarissimo: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”.

È giovane e, forse, si farà. Ma parte con il piede sbagliato e dà l’occasione alla “casta” per dire “noi queste cose le sappiamo benissimo”, tanto che contrattavamo i voti.

Stiamo a vedere.

 

Alfano preannuncia una grande manifestazione a Roma contro la magistratura il 23 marzo 2013.

Forse non sa che in quella stessa data, ma nell’anno 1919, nella sala riunioni Circolo dell'Alleanza Industriale, in piazza San Sepolcro a Milano furono ufficialmente fondati i Fasci italiani di combattimento.

Anche lui non sapeva. Anche lui è giovane e si farà.

Ma non possiamo state ad aspettare che maturino i Sibilia e gli Alfano. L’Italia ha bisogno di altri, capaci ed onesti.

Sembra difficile, però, trovarli su piazza.

1° marzo 2013

 

C’è Sinistra e Sinistra (i fatti di Holland e le chiacchiere di Prodi e Bersani). I giornali ne parlano poco. “Ecco cosa ha fatto Hollande (non parole, fatti) in 56 giorni di governo:

- ha abolito il 100% delle auto blu e le ha messe all’asta; il ricavato va al fondo welfare da distribuire alle regioni con il più alto numero di centri urbani con periferie dissestate.

- Ha fatto inviare un documento (dodici righe) a tutti gli enti statali dipendenti dall’amministrazione centrale in cui comunicava l’abolizione delle “vetture aziendali” sfidando e insultando provocatoriamente gli alti funzionari, con frasi del tipo “un dirigente che guadagna 650.000 euro all’anno, se non può permettersi il lusso di acquistare una bella vettura con il proprio guadagno meritato, vuol dire che è troppo avaro, o è stupido, o è disonesto. La Nazione non ha bisogno di nessuna di queste tre figure”. Touchè. Via con le Peugeot e le Citroen.

- 345 milioni di euro risparmiati subito, spostati per creare (apertura il 15 agosto 2012) 175 istituti di ricerca scientifica avanzata ad alta tecnologia assumendo 2.560 giovani scienziati disoccupati “per aumentare la competitività e la produttività della nazione”.

- Ha abolito il concetto di scudo fiscale (definito “socialmente immorale”) e ha emanato un urgente decreto presidenziale stabilendo un’aliquota del 75% di aumento nella tassazione per tutte le famiglie che, al netto, guadagnano più di 5 milioni di euro all’anno.

 - Con quei soldi (rispettando quindi il fiscal compact) senza intaccare il bilancio di un euro ha assunto 59.870 laureati disoccupati, di cui 6.900 dal 1 luglio del 2012, e poi altri 12.500 dal 1 settembre come insegnanti nella pubblica istruzione.

- Ha sottratto alla Chiesa sovvenzioni statali per il valore di 2,3 miliardi di euro che finanziavano licei privati esclusivi, e ha varato (con quei soldi) un piano per la costruzione di 4.500 asili nido e 3.700 scuole elementari avviando un piano di rilancio degli investimenti nelle infrastrutture nazionali.

- Ha istituito il “bonus cultura” presidenziale, un dispositivo che consente di pagare tasse zero a chiunque si costituisca come cooperativa e apra una libreria indipendente assumendo almeno due laureati disoccupati iscritti alla lista dei disoccupati oppure cassintegrati, in modo tale da far risparmiare soldi della spesa pubblica, dare un minimo contributo all’occupazione e rilanciare dei nuovi status sociale. - Ha abolito tutti i sussidi governativi a riviste, rivistucole, fondazioni, e case editrici, sostituite da comitati di “imprenditori statali” che finanziano aziende culturali sulla base di presentazione di piani business legati a strategie di mercato avanzate.

- Ha varato un provvedimento molto complesso nel quale si offre alle banche una scelta (non imposizione): chi offre crediti agevolati ad aziende che producono merci francesi riceve agevolazioni fiscali, chi offre strumenti finanziari paga una tassa supplementare: prendere o lasciare.

- Ha decurtato del 25% lo stipendio di tutti i funzionari governativi, del 32% di tutti i parlamentari, e del 40% di tutti gli alti dirigenti statali che guadagnano più di 800 mila euro all’anno. Con quella cifra (circa 4 miliardi di euro) ha istituito un fondo garanzia welfare che attribuisce a “donne mamme singole” in condizioni finanziarie disagiate uno stipendio garantito mensile per la durata di cinque anni, finché il bambino non va alle scuole elementari, e per tre anni se il bambino è più grande. Il tutto senza toccare il pareggio di bilancio.

Risultato: lo spread con i bond tedeschi è sceso, per magia.

E’ arrivato a 101 (da noi viaggia intorno oltre 400 punti).

L’inflazione non è salita. La competitività e la produttività nazionale è aumentata nel mese di giugno per la prima volta da tre anni a questa parte.

Hollande è un genio dell’economia? Non, ha semplicemente buon senso.

 

Aveva previsto di incassare 155 milioni, ne ha riscossi solo 23.5 per la tassa di stazionamento il fisco italiano diventato improvvisamente esoso con i proprietari di barche, una di quelle iniziative demagogiche assunte da un Governo, quello del Cavaliere, sotto la cui gestione è progressivamente cresciuta l’evasione fiscale.

            Una tassa contro il lusso delle unità da diporto, divenuta per iniziativa del Governo Monti tassa “di possesso” è stata facilmente schivata in un Paese, l’Italia, con ottomila chilometri di coste vicine ad altre coste, le francesi, innanzitutto, poi le greche, quelle dell’adriatico orientale. Conseguenza, il calo delle entrate dei porti.

            Ora è certo giusto che i proprietari di barche, più o meno lunghe, paghino, ma imposte e tasse devono tener conto della loro capacità di dissuasione, oltre un certo limite. E così abbiamo aiutato i porti dei paesi limitrofi.

            Poi c’è il problema dei controlli in mare. Giustissimi per verificare la regolarità dei mezzi, anche sotto il profili della dotazioni di sicurezza, ma anche qui è mancato il coordinamento, così accade che una barca sia controllata più volte nella stessa giornata, da Guardia Costiera, Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato e Municipale, Guardia forestale e Penitenziaria. Un mare affollato! Ma basterebbe un minimo di coordinamento per evitare un peso che dimostra innanzitutto inefficienza e spesso è visto dagli utenti del mare come una sorta persecuzione. Contro gli interessi nazionali, anche del fisco, considerato che l’industria cantieristica è in difficoltà e dalla diffusione della navigazione da diporto deriva un utile anche per l’erario non indifferente.

            È un errore criminalizzare un settore nel quale l?Italia vanta (o vantava?) una buon posizione in Europa e nel Mediterraneo. D’altra parte non esistono solo yacht di venti e più metri, anche gommoni che costano quanto una utilitaria.

            Fisco vorace, fisco inefficace verrebbe da dire. Che favorisce l’elusione e il passaggio all’estero di beni e capitali. Altrimenti come avremmo lavoro nero ed evasione fiscale?

 

“Snav ti porta in vacanza con il massimo della convenienza”, così la pubblicità del trasporto passeggeri. La realtà è un’altra. Sulla tratta Ancona Spalato e ritorno i vacanzieri hanno constatato, a metà agosto, come tutto fosse molto diverso da quanto avevano previsto.

            All’andata il traghetto veloce che, in partenza da Ancona, avrebbe dovuto salpare alle ore 11 è partito con grave ritardo, mentre, al ritorno, la partenza prevista da Spalato per le 17, è avvenuta oltre le 18 con arrivo alle 24 anziché alle 22, come previsto. In sostanza i passeggeri hanno potuto lasciare la nave intorno all’1 di notte.

            Nessuno ha chiarito i motivi del ritardo, il mare grosso, che so, un ammutinamento! Solo annunci radio per pubblicizzare paste e pizze.

Seguendo la pubblicità si legge che le linee Snav sono attive sulle tratte Ancona-Spalato fino al 16 settembre! Che “se le isole Eolie sono la tua meta ideale, puoi partire da Napoli per Stromboli, Panarea, Salina, Vulcano e Lipari fino al 9 settembre”, che se hai “voglia di esplorare la natura e i fondali di Ponza e Ventotene Snav ti porta alle isole Pontine da Napoli ogni sabato e domenica dal 7 luglio al 2 settembre”.

“Cosa aspetti?” si chiede la pubblicità. Che gli orari previsti siano rispettati e se c’è un disguido, sempre possibile in mare, che i passeggeri ne siano informati e magari assistiti, a mo’ di risarcimento.

Disagi non indifferenti. Ma nessuno si è scusato.

Chissà se la direzione della SNAV è informata di queste situazioni.

26  agosto 2012

 

Idee confuse sul da farsi (colte nel dibattito di Omnibus, ieri)

L’On.le Lorenzin è una garbata Signora con un bel sorriso, ora che ha tolto l’apparecchio ortodonzico che esibiva coraggiosamente fino a quale tempo fa. È una parlamentare del Partito della Libertà, del partito, cioè, che ha governato per la maggior parte del tempo dal 1994, ma, chiamata a partecipare ieri alla quotidiana puntata di Omnibus, la trasmissione di approfondimento de La7, si è esibita in considerazioni sul tema delle imposte che farebbero ritenere che la sorridente Signora abbia negli ultimi anni soggiornato lontano dal Bel Paese, se non addirittura su Marte.

Infatti, venendo a parlare delle operazioni di verifica della Guardia di Finanza in alcune località turistiche, richiamate dal conduttore sulla scorta di notizie di giornale, sentendo che era stato accertato circa il 38% di evasione dell’obbligo di emettere lo scontrino fiscale, l’On.le Lorenzin l’ha mandata in caciara, come si dice a Roma, inserendo argomenti, tutti certamente validi, dal carico eccessivo del fisco, alle difficoltà delle imprese in un contesto fortemente recessivo, omettendo,tuttavia, di dire da dove partirebbe una riforma del fisco targata PdL, considerato che il quadro delineato non è recente e, in ogni caso, era presente al Cavaliere sotto le cu insegne milita, tanto che ripetutamente ne ha fatto oggetto di promesse miracolistiche, del tipo diminuirò le tasse, soprattutto sulla famiglia, creerò oltre un milione di posti di lavoro.

Naturalmente in sede elettorale, unitamente all’avversione degli italiani per la sinistra, le promesse del Presidente-imprenditore hanno funzionato e qualcuno dice che potrebbero assicurare ad un PdL disfatto ancora un discreto consenso, non per governare, ovviamente, ma per assicurare al medesimo imprenditore una posizione politica, quale leader della opposizione, idonea a garantirgli tranquillità per le sue aziende, che è poi la ragione della sua “discesa in campo"

1 agosto 2012

 

    Perché la Merkel vuole distruggere la casa del nonno? Mi accoglie con questa frase il mio amico dottor Raffaele Bordi, farmacista del Terminillo, la montagna "di Roma" dove mi rifugio quando ho bisogno di momenti di distensione tra i boschi di faggio e le mille essenze che caratterizzano questo straordinario massiccio dell'Italia centrale.

     Come mai, insiste, la Cancelliera tedesca è così spietata nei confronti di Atene, certamente colpevole di molteplici e gravi violazioni delle regole comunitarie, ma pur sempre parte essenziale dell'Unione?

     La "casa del nonno", perché in Grecia sono le radici della cultura e della civiltà dell'Europa che oggi vorremmo costruire e senza le quali l'Unione non sarebbe più la stessa. Non solo perché quel nome, Europa, ha origine sulle rive del mar Egeo, da ευροσ, largo, ma perché la storia dell'Ellade e poi di Roma sta alla base della civiltà che vorremmo rinverdire per dare dignità spirituale e politica all'impegno che gli stati membri pongono quotidianamente nel tempo della globalizzazione dei mercati e del confronto della nostra con le economie dell'Asia e delle Americhe.

     Ha ragione il dottor Bordi, la "casa del nonno" va preservata intatta, per noi e per le generazioni future.

     Il latino a West Point ma non a Roma! Ho rivisto un vecchio film L'Uomo senza volto  (The Man Without a Face), del 1993, diretto e interpretato da Mel Gibson, una storia intensa, di un uomo dal volto in parte sfigurato dal fuoco dell'auto andata in fiamme. Il protagonista, un professore universitario accusato di omicidio, sospetto di pedofilia da parte della gente che equivoca sul rapporto con un suo allievo morto nell'incidente, emarginato nell'ambiente, ritrova la sua vocazione di docente aiutando un giovane desideroso di superare l'esame di ammissione all'Accademia militare di West Point per sfuggire alle grinfie di una famiglia dominata da una madre pluridivorziata (ogni marito un figlio) che fa pesare al ragazzo il rancore che aveva segnato il suo rapporto con il padre.

     L'impegno del giovane nella preparazione dell'esame è premiato. La preparazione, infatti, è stata dura per la molteplicità delle materie richieste, dalla letteratura alla matematica. Ma l'attenzione del film si sofferma soprattutto sul latino. Significativi i passi delle opere di Cesare richiamati con riferimento al de bello gallico (siamo in un'Accademia militare!), ma anche i celebri adagi della saggezza degli abitanti di Roma.

     E viene da pensare che mentre la lingua di Roma prospera oltre oceano e ovunque si faccia cultura, qui, dove è nata e si è sviluppata, viene trascurata nei licei e nelle università. Come sugli altari, da parte di quegli ecclesiastici che pure sono eredi di quei monaci che nei secoli hanno conservato i testi della cultura classica e di quanti hanno insegnato a generazioni di giovani a leggere "di greco e di latino", come ricordava Carducci.

4 giugno 2012

 

Via i ticket dalla sanità, si pagherà nell’ambito di una franchigia determinata sulla base del reddito. Dubbi da parte dei sindacati e da alcuni partiti.

Ma c’è anche chi è favorevole. Gli evasori fiscali, una categoria potente in Italia (altrimenti come saremmo arrivati a 120 miliardi annui di evasione?).

Tassa sulle bevande tassate. In arrivo, sembra, ad iniziativa del Ministro della salute, Balduzzi. La scusa è quella di evitare la diffusione dei cosiddetti cibi spazzatura, quelli che fanno ingrassare. È una tassa ipocrita, la lotta all’obesità per giustificare un balzello.

Peccato di omesso controllo, titola Beppe Severgnini su Sette del Corriere della Sera. E aggiunge “lo spreco di soldi pubblici nelle regioni un po’ è anche colpa nostra. Non abbiamo sorvegliato e non ci siamo accorti dei viaggi collettivi, delle faraoniche spese di rappresentanza, dei soldi a pioggia sulle clientele”.

Non sono solo questi gli sprechi, anche se fanno maggiore impressione sulla gente onesta. Il grosso sta negli acquisti inutili, nelle opere costate dieci volte quanto preventivato.

Comunque la Corte dei conti sono anni che denuncia puntualmente questi sprechi senza che la classe politica si corregga e senza che gli italiani la mandino a casa.

“Andiamo nelle scuole per far capire ai ragazzi che le tasse servono per finanziare i servizi pubblici”, dice Attilio Befera, Direttore dell’Agenzia delle Entrate intervistato da Vittorio Zincone su Sette.

Molto giusto, ma il cittadino ha anche diritto di sapere come le imposte e le tasse che paga vengono utilizzate, se cioè i servizi pubblici che quelle risorse servono a finanziare vengono utilizzate al meglio, nel rispetto dei principi dell’economicità, efficienza ed efficacia. Il fatto è che il cittadino-contribuente non è convinto, e ne ha buoni motivi tutte le volte che chiede un servizio.

Nonostante questo le imposte e le tasse vanno pagate. Ma almeno al cittadino si vuole consentire di mugugnare?

12 maggio 2012

 

Chissà cosa avrà pensato Gianni Alemanno, intervenuto l’11 aprile scorso ad Omnibus, la trasmissione di approfondimento politico de La7, nel sentire Matteo Renzi dire che il bello del ruolo di Sindaco è il fatto di vivere in mezzo alla gente.

Infatti, non si ha la sensazione che il primo cittadino di Roma “viva” tra i suoi concittadini. È certamente attento alle occasioni pubbliche nelle quali può esibirsi, specie oggi ad un anno dalle elezioni.

Ma il “Collega” di Firenze voleva dire altra cosa, quello che tutti pensiamo debba fare un Sindaco, sentire il polso della situazione, per capire se i cittadini sono contenti o meno del traffico, della pulizia delle strade, dei mercati, del servizio di Polizia Municipale. Perché gli abitanti di una città, soprattutto di una grande città che è anche la Capitale d’Italia, non sono tanto interessati a che il Primo cittadino sia al centro del dibattito politico sulle grandi vicende della politica, compresa quella economica e industriale, ed alle beghe dei partiti, ma si preoccupano della vivibilità dei quartieri, dell’inquinamento, della mobilità e sicurezza per la parte che compete alla Polizia locale. La microcriminalità, infatti, è ovunque in forte crescita alimentata dal disagio sociale di vasti settori della popolazione, compresi gli immigrati, a seguito della crisi economica. È soprattutto la microcriminalità che angoscia i cittadini.

Alemanno, invece, si sente sindaco pro-tempore, non nel senso naturale dell’espressione – tutti gli amministratori, infatti, sono a tempo - ma perché la sua ambizione riguarda la politica nazionale con la conseguenza che viene sempre più distratto dalle vicende dei partiti così allontanandosi dalla gente che pure pretende di amministrare.

Il ritiro dei bagagli, all’Aeroporto di Fiumicino, richiede sempre più tempo. Un tempo che a volte si avvicina a quello del viaggio. Inconcepibile. I responsabili del servizio sono pregati di farsi un giretto tra i maggiori scali internazionali. In queste disfunzioni, come per altre, siamo al vertice. Nessuno se ne vergogna, ma, soprattutto, nessuno viene punito!

17 aprile 2012

 

Taccuini, block notes, appunti, per dar conto di qualche breve annotazione su fatti di cronaca. Spesso con ironia, magari per sdrammatizzare una notizia che non avremmo voluto dare o leggere, o per sottolineare quella che, in realtà, è una gaffe, un fuori onda, solitamente di un politico, malaccorto o distratto.

Abbiamo tutti un taccuino in mente. Ma non tutti vogliono o possono esternare ciò che vanno osservando.

Io sono di quelli che possono, anzi che vogliono scrivere per dar conto di una notizia o, più spesso, per esprimere personali opinioni soprattutto su temi di attualità, riguardanti il funzionamento delle istituzioni, per denunciare ciò che non funziona in questa nostra Italia che, a centocinquant’anni dalla fondazione dello Stato unitario, non riesce ad essere una Nazione vera nelle menti e nei cuori. Sarà perché fatta l’Italia non abbiamo fatto gli italiani, una necessità intuita da Massimo d’Azeglio già all’indomani della proclamazione del Regno.

Ci manca l’orgoglio dell’appartenenza, la consapevolezza delle origini che affondano le radici nella storia politica e istituzionale della Roma repubblicana e imperiale, una storia culturale che vive una nuova stagione di interesse al di qua e al di là dell’Oceano. Solo in Italia quella cultura e la lingua nella quale è stata espressa sono trascurate.

Siamo italiani soltanto di fronte allo schermo televisivo, quando diffonde le immagini di una partita di calcio internazionale. Infatti più che “viva l’Italia” ha avuto successo “Forza Italia”, uno slogan indovinato proprio perché arieggia un grido da stadio.

Viviamo sfruttando furbizie, cui ci siamo abituati, per sopravvivere, nei troppi secoli in cui siamo stati sotto il tallone di potenze straniere, se si esclude il Piemonte sabaudo, la Serenissima Repubblica di Venezia e il Granducato di Toscana dove si è formata nella coscienza della gente un significativo senso dello stato. Sicché abbiamo sviluppato la tendenza all’opportunismo, a cercare la copertura del potente di turno, in prevalenza fascisti fino alla vigilia del crollo del regime, comunisti e democristiani il giorno dopo.

Lo hanno scritto tanti. Ma io ricordo due episodi che mi furono raccontati tanti anni fa da un anziano funzionario che aveva fatto parte della segreteria della Commissione di epurazione. I funzionari ministeriali che avevano optato per la Repubblica Sociale Italiana avevano ottenuto, per quella scelta, una promozione. Riunificati i ministeri i colleghi che erano rimasti a Roma senza stipendio per alcuni mesi li aspettavano al varco nella fiducia di fargliela pagare. Non ci fu niente da fare, tornarono tutti con in tasca la tessera del partito comunista o socialista. E si tennero la promozione.

Altro episodio. Alla richiesta di informazioni su un noto fascista, denunciato per alcune prepotenze, il Comandante della locale stazione dei Carabinieri risposte con un rapporto nel quale si dava conto che effettivamente quel signore era stato un “noto manganellatore” ma, nel frattempo, era diventato il segretario della locale sezione del Partito Comunista. D’altra parte non è stato Togliatti a chiudere la partita con i fascisti reduci da Salò?

Due episodi per dire che politicamente molti italiani sono assolutamente inaffidabili, saltano sul carro del vincitore, ma soltanto all’ultimo momento, s’intende, perché … non si sa mai! Felloni, pronti a tradire, infingardi! Vizi che abbiamo esaltato nel cinema, con i Sordi e i De Sica. Ci hanno fatto sorridere, ma per molti sono stati un esempio. Come per gli evasori fiscali o per quanti autocertificano qualità che non hanno mai avuto. Tanto i controlli non funzionano. Per cui si può abitare una casa popolare parcheggiando impunemente dinanzi al portone Porche o Ferrari. Nessuno protesta. Sono tutti un po’ in difetto e poi non c’è chi verifichi la persistenza dei titoli per disporre di quella abitazione.

Ora della moralità politica degli italiani non mi sono mai curato e non intendo prendermi cura, per cui in questa rubrica non mi soffermerò su vizi e virtù personali e politiche dei singoli, neppure se appartenenti ad una delle “caste”, di medievale memoria, che opprimono questo Paese. Per cui leggerete di inefficienze degli apparati pubblici, sprechi, evasione fiscale e corruzione. Per cercare di dare un contributo alla formazione delle norme e alle prassi che dovrebbero evitare tutte queste situazioni che pesano sui cittadini onesti per qualcosa come 260 miliardi ogni anno (120 di evasione fiscale, 80 di sprechi, 60 di corruzione) che, se fossero azzerati, potrebbero fare dell’Italia un’oasi felice, da far invidia, per qualità dei servizi, alla Svizzera e, forse, anche al Sultanato del Brunei.

Ne parleremo.

                                Salvatore Sfrecola

 
 

 

 

 

 

 

 


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