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UnSognoItaliano.it

 

 

DICEMBRE 2012

 

Ma potrebbero essere imbarazzanti per Monti

Bene le liste separate alla Camera

di Salvatore Sfrecola

 

Giusta la scelta delle forze di centro che si riconoscono nell’“Agenda Monti”di correre alla Camera con liste distinte. È un modo per pescare nei vari ambienti politici, culturali, locali, senza che vi sia possibilità che manchi qualche consenso perché in lista c’è chi non piace o è stato avversario politico, ciò che spesso in sede locale crea contrasti gravi e duraturi.

Separati per correre verso un solo obiettivo, far emergere il consenso intorno all’iniziativa del Professore. Vedremo che ne dirà Mannheimer al prossimo sondaggio, ma è certo che l’esperienza dice che è stata fatta una scelta giusta.

C’è solo un pericolo, quello che l’autonomia delle singole liste possa portare i partiti a candidare anche qualche personaggio con scheletri nell’armadio o peggio, condannato o indagato. E questa evenienza, tutt’altro che remota, anzi molto verosimile, potrebbe creare imbarazzo per Monti perché sul quel o su quei candidati si getterebbero subito gli avversari politici per dire che è smentito nei fatti quel che Monti vuol presentare, la faccia onesta degli italiani.

Staremo a vedere.

29 dicembre 2012

 

Bersani, il rottamator cortese

di Salvatore Sfrecola

 

Matteo Renzi l’ha teorizzata, Pierluigi Bersani l’ha attuata. La “rottamazione”, brutta espressione che tuttavia rende plasticamente l’idea di eliminare il vecchio, nel linguaggio della politica coloro che stanno sulla scena da troppo tempo, è realizzata mediante lo strumento delle primarie che mette a confronto chi fa politica nel Partito Democratico, costringendo giovani emergenti a competere con i notabili, molti dei quali disabituati a ricercare il consenso perché comunque inseriti d’ufficio negli organi dirigenti e perché rieletti nelle ultime elezioni in ragione della loro collocazione privilegiata nelle liste grazie al porcellum.

Questa situazione di calma piatta è sconvolta dall’iniziativa di Bersani di indire le primarie che, esclusi coloro i quali rientreranno nelle liste comunque, quasi fosse un Oscar alla carriera, costringerà le fasce medie ad una competizione alla quale erano da tempo disabituati. Con la conseguenza che coloro i quali hanno trascurato di curare il territorio e magari hanno allevato qualche giovane rampante si troveranno in serie difficoltà, magari scalzati dal loro stesso “delfino”.

Bersani ha, dunque, attuato una rottamazione di fatto, mettendo a correre chi spesso ha il fiato corto insieme a giovani pieni di energia e di voglia di farsi avanti.

Avremo un nuovo Partito Democratico? È presto per dirlo, anche perché i vecchi leoni hanno spesso dimostrato di avere cartucce di riserva ed una capacità di reazione dovuta all’esperienza degli anni giovanili nei quali la presenza nelle sezioni e nel collegio era condizione di affermazione politica.

In che misura sarà rinnovata la classe parlamentare del PD lo vedremo, ma è certo che Bersani si è posto come rinnovatore accorto e prudente, ancorando lo svecchiamento della dirigenza del partito ad una iniziativa certamente democratica, sulla quale nessuno avrà da ridire. In primo luogo Renzi che, avendo lottato in giro per l’Italia per la sua candidatura, sarà in condizione, con ogni probabilità, di portare nelle liste molti di coloro che lo hanno sorretto nel confronto con Bersani.

Una “rottamazione” di fatto, dunque, indolore. Ma solo per alcuni.

29 dicembre 2012

 

Ingroia, Grasso, Dambruoso

Magistrati in politica: ed è subito polemica

di Salvatore Sfrecola

 

I giornali di oggi danno spazio a prese di posizione, il più delle volte critiche, nei confronti dei magistrati che in questi giorni hanno manifestato l’intenzione di partecipare alle elezioni del 2013, Ingroia con il Movimento arancione, Grasso con il Partito Democratico, Dambruoso con Italia Futura. Sono nomi di spicco della magistratura, come ho scritto ieri, sollecitati da un desiderio di intervenire nell’agone politico per difendere le ragioni della legalità. Lo vuole la gente indignata dagli scandali che hanno riguardato nei mesi scorsi la gestione delle risorse pubbliche, dello Stato, delle regioni, dei comuni. Ed i partiti raccolgono questa aspettativa.

Ma dov’è il problema e come viene posto?

Lo abbiamo già accennato. Un magistrato che entra in politica, anche se ha sempre esercitato le funzioni di Pubblico Ministero o di Giudice con il massimo dell’indipendenza, provoca in molti cittadini disagio e li induce a dubitare che, in precedenza, non sia stato così indipendente come avrebbe dovuto essere se è vero che, all’ingresso in magistratura, si ammonisce che coloro che indossano la toga della giustizia debbono non solo essere ma anche apparire indipendenti. E certamente non appare tale chi, in servizio, partecipa ad iniziative politiche qualificate, come i comizi od ai convegni delle organizzazioni parallele ma "di area". Ricordo negli anni passati le molteplici iniziative fiancheggiatrici del partito comunista qualificate come democratiche. Per cui ovunque andassi trovavo i giuristi "democratici" i giornalisti ugualmente così qualificati e perfino i genitori che non capivo perché dovessero essere qualificati "democratici".

D’altra parte la Costituzione, all’art. 98, dopo aver affermato che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” dispone, al comma 3, che “si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”.

La ragione della norma è evidente, non far venire meno quella necessaria neutralità ed indipendenza (ricordiamo che l’art. 97, comma 2, della Costituzione prevede che “i pubblici uffici dono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”, laddove l’imparzialità evidentemente assume una speciale connotazione nel caso di chi deve amministrare la giustizia e, pertanto, è soggetto “soltanto alla legge” (art. 101 Cost.). Ed è per questo che “i magistrati sono inamovibili” (art. 107 Cost.) che i cittadini pretendono da chi esercita funzioni pubbliche.

Ai magistrati dovrebbe, quindi, essere inibita la partecipazione alle elezioni? Sarebbe troppo, una limitazione della libertà di manifestazione del pensiero incompatibile con una democrazia rappresentativa. E viene subito da chiedersi perché un medico si può presentare candidato, come un docente universitario o di scuola media, come un funzionario qualunque dello Stato, anche militare o funzionario o agente delle forze dell’ordine.

La questione è delicata. Si può sostenere che un medico entra in politica perché è un "tecnico" della sanità che potrebbe contribuire a riforme in un settore delicato, di interesse generale. Ma si potrebbe anche sostenere che vorrebbe, da deputato o senatore, rappresentare una lobby di interessi.

La posizione dei magistrati è indubbiamente diversa. Rappresentano lo Stato nella sua più importante funzione. E come al solito non c’è una soluzione che possa soddisfare tutti, in rapporto al diritto di manifestare il proprio pensiero di cui è certamente espressione la partecipazione ad una campagna elettorale.

Sovvengono, allora, alcune regole, che potremmo chiamare deontologiche, che appartengono certamente al foro interno della persona ma che hanno anche un riflesso istituzionale, nel senso che devono essere fatte rispettare da chi, nell’ordinamento, è preposto al rispetto delle prescrizioni costituzionali che abbiamo richiamato. Nel caso del magistrato, dunque, sarà il Consiglio Superiore della Magistratura o, per le magistrature amministrative i rispettivi organi di autogoverno, a vigilare sui comportamenti dei singoli, censurando, nelle forme previste dalla legge (le disposizioni sanzionatorie sono necessariamente stabilite da fonti primarie e sono di stretta interpretazione), i comportamenti che possono in qualche modo mettere in dubbio l’indipendenza di chi indossa la toga e destare scandalo tra i cittadini. È la regola, che più volte ho richiamato, della “Moglie di Cesare”, della cui moralità nessuno poteva dubitare.

Non c’è dubbio che il Consiglio Superiore della Magistratura dovrebbe vigilare più attentamente sui comportamenti dei magistrati, anche i più modesti, quando possono far ritenere che essi in quel modo, anche in volontariamente, dimostrato di aver indossato una casacca, ciò che offusca la credibilità della magistratura nel suo complesso e il prestigio di ogni magistrato.

Chi ha desiderio di apparire di parte, anche nel senso più nobile del termine, quale espressione della partecipazione alla vita della polis lo faccia apertamente, lasciando la toga. Vorrà dire che i cittadini gli riconosceranno coerenza e neppure coloro che sono di altro orientamento politico avranno nulla da ridire, se in servizio ha dato effettivamente dimostrazione di essere soggetto “soltanto alla legge”.

Grasso avrebbe fatto sapere che, in caso fosse eletto, chiederà il collocamento a riposo. Degli altri non si sa ancora nulla, al di là dell’aspettativa richiesta per partecipare alle elezioni.

L’ormai ex Procuratore Nazionale Antimafia ha detto di voler riformare profondamente la Giustizia, certo conosce pregi e difetti dell’attuale sistema fatto di leggi che disciplinano diritti e doveri, che delineano procedure. Ma anche di uomini e mezzi, perché il servizio “Giustizia”, fondamentale per il buon funzionamento della società, dacché da sempre le regole dei diritto fanno la differenza (ubi societas ibi ius), come la loro applicazione, è un servizio complesso fatto di tanti tasselli che ne determinano unitariamente il buon funzionamento.

Corre da Ministro Grasso. Ma riuscirà a mantenere quel che, per la verità genericamente, si è ripromesso di fare?

Ma non potrà fare il Ministro della Giustizia. Quel ruolo spetta ad un politico "puro". Così non è bene che alla Difesa ci sia un generale, alla salute un medico, all'economia un ragioniere ed allo sviluppo economico un imprenditore. I tecnici possono essere i consiglieri ma la decisione politica spetta a chi ha una visione della società nella complessità che le è propria.

Continueranno ancora le polemiche. Fanno comodo a destra come a sinistra. Toghe “rosse”, “nere” e “arancione” o diversamente colorate o scolorite. Piace ai polemisti questa semplificazione di un problema che, come ho scritto, esiste ma è stato fin qui difficile definire in termini di conciliazione tra l’indipendenza del magistrati, più esattamente di alcuni magistrati, e l’eventuale impegno politico che gli stessi possono lecitamente attuare. Uscendo dai ranghi.

28 dicembre 2012

 

I magistrati in politica

Desiderio di legalità

di Salvatore Sfrecola

 

La notizia di oggi è che Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, ha chiesto al Consiglio Superiore della Magistratura di essere collocato in aspettativa per partecipare alla campagna elettorale. Pochi giorni dopo che Michele Vietti, Vice Presidente del Consiglio Superiore aveva auspicato che i magistrati non entrassero in politica.

Non sappiamo dove Grasso andrà a collocarsi, ma non è dubbio che la “salita” in campo, come si dice da qualche giorno dopo che in tal modo il Senatore Mario Monti ha voluto definire il suo ingresso in politica, suscitando l’ironia di Silvio Berlusconi (lui sale, ha detto, io sono sceso perché più in alto) merita qualche riflessione.

Grasso dopo Ingroia e gli altri già presenti in Parlamento e quanti i partiti stanno cercando di convincere, la ricerca di magistrati tenta di soddisfare le esigenze della gente, il desiderio della legalità diffuso dopo gli scandali che a ripetizione hanno interessato un po’ tutti i partiti, ovunque, al centro come in periferia.

Una situazione che la gente, esasperata dalle tasse e dalla mancanza di lavoro, non è più disposta a tollerare. Perché i professionisti della politica hanno dimostrato di essere in molti casi, oltre che incapaci, disonesti. Giacché, come dico spesso, chi spreca risorse pubbliche o è incapace o disonesto. Più disonesto, considerato che amministrare secondo la regola del buon padre di famiglia, ovvero nel rispetto delle regole costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità non è poi così difficile per amministratori che possono avvalersi della collaborazione di funzionari di valore e dei pareri del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

Così i partiti, che hanno imbarcato nel tempo personaggi di dubbia moralità e di scarsa preparazione amministrativa e finanziaria, ricorrono ai magistrati per presentare la faccia buona e legalitaria, convinti che queste personalità possano operare nel rispetto della legge e con senso dello Stato.

Stupisce solamente che la ricerca di queste collaborazioni sia diretta prevalentemente verso la magistratura ordinaria meno versata in tema di amministrazione e finanza, i punti dolenti di questa stagione del nostro Paese.

In ogni caso è un fatto positivo che i partiti siano indotti, dal diffuso clima di sfiducia nei confronti della politica, a ricercare personalità “della società civile”, come si sente ripetere, che diano un’immagine credibile ad una tornata elettorale che chiude una legislatura nella quale l’inefficienza, ai vari livelli di governo, ha agevolato il consolidarsi della crisi economica e finanziaria resa palese dalle dimensioni del debito pubblico, duemila miliardi di euro, un fardello pauroso capace di condizionare le politiche pubbliche in tutti i settori.

Resta aperto il problema del futuro di questi magistrati che entrano in politica, un problema non indifferente in quanto lo schierarsi in un partito ne offusca necessariamente l’immagine di terzietà che deve caratterizzare l’esercizio della funzione giurisdizionale, sia requirente che giudicante.

A parte, dunque, l’ipotesi che rientrando in ruolo dovrebbero essere assegnati a funzioni diverse da quelle in precedenza rivestite e in località diversa, si potrebbe pensare ad una uscita senza ritorno o ad un’assegnazione a funzioni amministrative, magari al Ministero della Giustizia o alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Oggi apprezziamo la scelta in favore della legalità da parte dei partiti che fin qui non hanno saputo selezionare la classe dirigente né reprimere i comportamenti illeciti, al di là della loro rilevanza penale.

La regola della “moglie di Cesare” che non può essere neppure sospettata è da tempo caduta in desuetudine.

27 dicembre 2012

 

Ad evitare sorprese

Vacanzieri, leggete bene i contratti di assicurazione!

di Salvatore Sfrecola

 

Capita spesso che, quando andiamo in vacanza, l’operatore turistico ci consigli di assicurarci in modo che, se capita qualche disguido di carattere sanitario che ci impedisce di partire, si possa recuperare almeno parte della somma spesa per il viaggio e il soggiorno.

Un consiglio, tuttavia, è necessario. Leggete bene i contratti per identificare il “sinistro”, così normalmente si esprimono gli assicuratori, che consente di essere indennizzati. Leggete bene, perché spesso non lo leggono neppure gli operatori turistici.

È accaduto a me, che pure queste cose dovrei conoscerle bene in quanto giurista e magistrato, che, esattamente in questi giorni del 2011, avendo previsto di trascorrere una settimana nelle Canarie (destinazione Tenerife), all’atto dell’acquisto del pacchetto turistico (volo e soggiorno) mi sono sentito proporre la sottoscrizione dell’assicurazione cui ho aderito immediatamente. Anche per la notoria serietà della Compagnia Aga International SA.

È accaduto, dunque, che, proprio un paio di giorni prima della partenza mi sia svegliato con una tremenda sciatalgia che non è stato possibile debellare nei tempi necessari per imbarcarmi.

Così, su suggerimento dell’operatore turistico, ho denunciato il sinistro a ilmiosinistro@mondial-assistance.it e successivamente, con qualche ritardo, dovuto ad impegni di lavoro che a volte mi fanno trascurare i miei interessi, ho fornito la documentazione richiesta, il certificato del medico che mi aveva visitato e diagnosticato la sciatalgia, che poi mi ha curato con l’agopuntura, il dottor Francesco Calveri, al quale, memore dell’efficacia della terapia, ho successivamente indirizzato amici con analoga patologia, e la documentazione che mi aveva fornito l’operatore turistico, le ricevute di pagamento e ogni altro documento richiesto. C’era stata qualche incomprensione nelle comunicazioni (l’assicuratore risponde in forma anonima, senza mai una firma che identifichi il “responsabile del procedimento”, come si direbbe con linguaggio dell’amministrazione pubblica che, dico spesso, molti privati non possono assolutamente criticare). Inoltre, pur richiedendo la notifica della ricezione e della lettura la posta elettronica dell’assicuratore non ha mai restituito queste informazioni.

            Ebbene, avendo inviato la denuncia via mail, come previsto, all’indomani del “sinistro”, il 2 gennaio 2012, trasmesso il certificato medico scannerizzato e quindi in originale con l’altra documentazione richiesta, dopo una decina di mail, una raccomandata ecc., in data 4 settembre ho ricevuto una lettera, questa volta firmata, con la quale vengo informato che non è possibile il rimborso perché il contratto lo prevede solo a seguito di patologia che abbia comportato "il ricovero ospedaliero".

            Ovvia la mia reazione “non lo potevate dire subito? O pensate che la gente abbia tempo da perdere?” Per concludere che “questa assicurazione in ogni caso è assolutamente inutile perché non ogni patologia momentaneamente invalidante ... comporta un ricovero ospedaliero”.

            La spesa di una simile assicurazione è assolutamente da evitare, nonostante la serietà dell’Aga International che, tuttavia, se mi avesse immediatamente fatto presente, richiedendo il certificato medico, che non sarebbe stato sufficiente (anzi era a quel punto inutile) occorrendo la documentazione del ricovero ospedaliero, mi avrebbe fatto risparmiare tanto tempo e qualche arrabbiatura, considerando contrario alle regole della trasparenza (e della buona educazione) che chi mi scrive non si palesi. Ma il mondo, si dice per consolazione, è bello perché vario!

            Contattato l’operatore turistico, del quale avevo ed ho un’ottima considerazione, mi è stato candidamente risposto che non aveva letto bene il contratto che mi aveva proposto.

            Può accadere, ovviamente.

            Niente di male, basta che le cose si sappiano.

            Pertanto, racconto questo episodio (pur comprendendo che da giurista non ci faccio una bella figura per aver omesso di leggere quello che, nei libri di scuola, si segnala sempre come opportuna cautela verificare attentamente, le clausole) perché mi auguro che, almeno i lettori di Un Sogno Italiano, prendano l’abitudine di leggere bene i contratti che vengono loro proposti, per valutare esattamente l’interesse alla loro sottoscrizione.

E poi, buon viaggio!

26 dicembre 2012

 

Un Nobel per la pace immeritato

Dove va l’Europa?

di Salvatore Sfrecola

 

Strage ancora ieri in Siria, con le bombe che cadono sulla gente in fila per comprare il pane che scarseggia ovunque in quel paese martoriato.

E l’Europa? Non aveva appena ricevuto il Premio Nobel per la pace, a sorpresa, come hanno titolato alcuni giornali all’indomani dell’annuncio? Una sorpresa, che ha suscitato ovunque una generale reazione di orgoglio. Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy ha notato che il premio è un riconoscimento delle “profonde motivazioni politiche alla base della nostra Unione”. Le motivazioni del Comitato norvegese del Premio Nobel, presieduto dall'europeista Thorbjoern Jagland, dicono che l'Unione europea ha “contribuito per sei decenni all'avanzamento della pace e della riconciliazione, la democrazia e i diritti umani in Europa”.

Non basta. Il processo di integrazione iniziato all'indomani della guerra ad iniziativa di sei Paesi, oggi divenuti  ventisette, che hanno raggiunto più o meno l’estensione territoriale di quello che fu il Sacro Romano Impero non ha realizzato una Unione politica capace di contribuire alla pace nel mondo. E infatti il Nobel guarda solo all’interno dell’Unione, ad una pace tutto sommato scontata. Da quando i paesi europei, che per secoli si erano confrontati in armi, hanno capito, guardando le rovine fumanti delle città devastate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, che il futuro di ognuno e di tutti era nella riconciliazione e nel comune impegno per la crescita civile ed economica. E fu la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (C.E.C.A) e poi la Comunità Economica Europea (C.C.E.) e la Comunità per l’energia atomica e poi l’Unione Europea, con progressi continui in tema di commerci, circolazione delle persone e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma non si è voluto dar vita ad un Esercito Europeo che fosse presente nelle aree calde del pianeta ed un Ministro degli esteri, come pure aveva previsto la bozza di Trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione europea, con ciò rendendo palese che questo Continente, che è una potenza economica, che può vantare cultura e tecnologia, non è ancora intenzionato a presentarsi nello scacchiere internazionale con un’unica voce, quella che gli darebbe l’autorevolezza che porterebbe con se anche lo sviluppo economico e la primazia sui mercati internazionali.

Invece non riusciamo a coordinare le politiche della spesa e soprattutto quelle fiscali necessarie ad un progresso omogeneo delle varie economie.

L'Europa di oggi, che ha le sue radici nella cultura greco romana, nelle istituzioni giuridiche dell’Impero dell’Urbe e di Carlomagno sembra che non abbia interesse ad ergersi, alla pari, di fronte agli Stati Uniti d’America ed alle potenze emergenti dell’Asia e dell’America latina.

Il Presidente della Commissione José Manuel Barroso ha definito il Nobel “un riconoscimento giustificato per un progetto unico che è di beneficio per i suoi cittadini e per il mondo”. Con un po’ di enfasi, quanto al “mondo” nei confronti del quale fa ben poco, se nessuno va a Damasco a dire al dittatore siriano che è ora di andare a passare gli ultimi anni della sua vita in qualche dorato esilio lontano dal Medio Oriente.

Ed anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dice bene quando afferma che il Premio “pone in massima evidenza una semplice grande verità storica: la verità è che l'integrazione europea è nata innanzitutto come progetto di pace”. Al suo interno, naturalmente. Il che è un fallimento rispetto al ruolo politico internazionale che l’Europa meriterebbe ed al quale dovrebbero ambire tutti gli stati membri.

Un’Europa piccina, dunque, quella emerge da questi commenti, che guarda al suo interno neppure con molta attenzione ai problemi reali dell’equilibrio finanziario e dello sviluppo, se giornalmente si sentono e si leggono polemiche e recriminazioni che usano linguaggi incompatibili con “la formula stessa dell'integrazione” di cui ha parlato il Premier Monti “per impedire la guerra e garantire la pace”.

“Dove va l’Europa?”, si chiede, dunque Radici Cristiane, il mensile diretto da Roberto de Mattei, che a quella base culturale e spirituale si richiama per dire  dell’inadeguatezza dell’Europa rispetto ai problemi della pace e dello sviluppo mondiale. Il dossier di Radici Cristiane si apre con un articolo di Julio Loredo che ricorda le parole di Giovanni Paolo II a Santiago di Compostela nel 1989, “Io, … successore di Pietro . .. Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale, da Santiago grido con amore a te, antica Europa: Ritrova tre stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Torna a vivere dei valori che hanno resa gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza negli altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale”. Che vuol dire avere la capacità di dialogare col mondo con una sola voce.

E Antonio Martino, già Ministro degli esteri e della difesa, figlio di quel Gaetano, Ministro degli esteri tra i più impegnati nella nascita della Comunità, nel 1957, “euroscettico” per come l’Europa oggi si atteggia, soprattutto in campo economico e monetario, giudica “vergognoso che si sia deciso di escludere ogni riferimento alla radici cristiane degli Stati europei per non inserire elementi distintivi”.

Ed Ida Magli, che chiude il dossier , insiste nel giudicare l’euro “inventato a tavolino, privo sia della forza di un Popolo sia della forza di uno Stato”.

Sembra ovvio che una Unione che ha così tanti problemi al suo interno non possa esprimere una forza “di pace” all’esterno.

24 dicembre 2012

 

Auguri cafoni

di Salvatore Sfrecola

 

Ho appena terminato un altro invio di auguri natalizi ad amici e colleghi. Siamo oltre quota mille biglietti che ho scritto, uno ad uno, augurando un sereno Natale ed un 2013 ricco di soddisfazioni personali e professionali. Lo faccio da anni, seguendo un’abitudine che era di mio padre e che ho imparato a riconoscere anche in altri, ad esempio nel senatore a vita Giulio Andreotti, un esempio di buona educazione e di attenzione per la persona. Per tutti l’ex Presidente del Consiglio ha sempre avuto una parola particolare. Con me, ad esempio, ricorda anche mio padre che, da giovane funzionario, fu suo vice capo di gabinetto al Ministero delle finanze.

È la fatica della vigilia di Natale, ogni anno. Ma è un gesto al quale sono affezionato. Mi dà la misura dell’attenzione che riservo ad amici, colleghi e conoscenti e che vedo ricambiata. Ricevo un biglietto – che spesso s’incrocia con quello che ho inviato – o una telefonata. È un rito di affetto e buona educazione.

Purtroppo ci sono anche comportamenti diversi.

Dilagano, ad esempio, le e-mail con la cartolina prestampata, non personalizzata ma a mo’ di circolare. Come gli sms. Tutti uguali. Ho ricevuto da conoscenti che operano presso un’Autorità auguri tutti uguali, con allegata la stessa cartolina, con lo stesso pupazzo di neve.

Che tristezza!

Ma il top di una moda che non condivido, che a me pare molto cafona, è quella dei biglietti prestampati, senza personalizzazione, senza una parola specifica al destinatario, senza una firma autentica. Quando ricevo un biglietto che sembra scritto a mano provo a verificare se è inchiostro. Così passo il dito umido sulla firma. Se il tratto non si spande, a conferma che è una firma stampata, cancello la persona dalla lista degli amici.

È una cattiva abitudine che va dilagando, soprattutto in ambienti politici, con la scusa che gli auguri sono tanti.

Ho ricevuto addirittura da un ministro una mail con allegato un biglietto di ringraziamento in formato pdf, uno per tutti, evidentemente. La sola scusante è che si tratta di un ministro “tecnico”, che non ha bisogno di consenso. Ma comunque è un tecnico privo di umanità. E comunque con una segreteria inefficiente.

Un anno, avendo scritto ad un amico ministro un biglietto di congratulazioni per essere tornato alla guida del ministero che già aveva diretto, gli ho dato del tu firmando con il solo nome. Mi sono visto ringraziare con un biglietto prestampato nel quale mi si dava del lei. Colpa della segreteria, certamente, che avendo la possibilità di verificare il rapporto di amicizia dato dall’uso del “tu” e la mia qualifica professionale avrebbe dovuto capire che era necessario usare semmai un altro tipo di biglietto.

Sono stato Capo di Gabinetto di una personalità che aveva anch’essa l’abitudine di inviare biglietti con la firma prestampata, quando in ogni caso firmava con le iniziali del nome e del cognome. Lo avrebbe potuto imitare chiunque della segreteria. Niente. Ma è possibile che vi siano segretari così poco attenti alla figura che fanno fare alla personalità con la quale collaborano? Ed è possibile che queste personalità che vivono di relazioni si tengano quei segretari incapaci di contribuire a curare i rapporti personali di colui che sono stati chiamati ad assistere?

Insomma, gli auguri non sono e non possono essere una fredda e formale esternazione di un sentimento che, per essere tale deve assumere la forma di un rapporto vivo, concreto che solo può dare l’espressione che l’apre “caro …” e quella che la chiude, la firma.

L’augurio può anche essere telefonico, naturalmente. Non stampato e meno che mai via sms o mail se non accompagnato da espressioni che rivelino il rapporto personale con il destinatario.

Certo la mia abitudine di scrivere costa un po’: il biglietto e la busta, l’indirizzo (se con targhetta), il francobollo da 0,60 euro.

Ma ne vale la pena.

22 dicembre 2012

 

Incredibili! (cioè a loro non si può credete!)

di Senator

 

C’ero anch’io, convocato d’ufficio, nel parterre del Popolo della Libertà schierato al Teatro Olimpico. Tutti, da Alemanno a Cicchitto, per ascoltare Angelino Alfano e leggere il messaggio del Cavaliere. Tutti, quanti hanno ricoperto incarichi parlamentari e coloro che da ministro o sottosegretario hanno governato l’Italia negli ultimi diciotto anni, con qualche breve intervallo. Tutti, per dire che occorre mobilitare i moderati, che è necessario unire le forze per evitare il probabile successo della sinistra, perché non vogliono Bersani a Palazzo Chigi. Tutti, per “salvare” l’Italia, loro che l’hanno demolita giorno dopo giorno con l’inefficienza, innanzitutto, con la disattenzione per i fenomeni di malcostume che quotidianamente giungono all’“onore” della cronaca, nazionale e locale.

Oggi credono che sia possibile fare qualche timida critica a Berlusconi per rifarsi una verginità politica, per chiedere il voto in nome dei cattolici e dei liberali, dei moderati che hanno scoperto essere la maggioranza nel Paese.

Credibili? No, Incredibili! Nel senso che a loro non si può credere, non si deve credere perché se il centrodestra vuole sopravvivere agli errori e alla incapacità politica deve proporre nuove idee e soprattutto presentarsi con nuove facce.

Certamente non con quella del socialista Cicchitto, del socialista Tremonti, del socialista Brunetta, del socialista Sacconi e via dicendo. La squadra del socialista Berlusconi. Dove sono i liberali, se, a sentire il Cavaliere, il PDL è il partito dei liberali e dei moderati?

Berlusconi dice: “L’Italia dei moderati è maggioranza nel paese”. Aggiungendo che “nell’attuale contesto, se lo riterrà, il professor Mario Monti potrà essere il federatore di quest’area. Egli condivide i miei, i vostri, i nostri stessi ideali: quelli della grande famiglia dei Popolari europei”.

Italia Popolare campeggia sullo schermo alle spalle di Alfano che si esibisce in un festival di ovvietà, alzando, di tanto in tanto, la voce per far vedere che è un uomo energico.

Parla alla pancia del pubblico. Dice delle tasse, che vuole diminuire. Lo aveva detto il Cavaliere fin dal 1994. Non lo ha fatto, anzi ha aggravato la situazione degli italiani aumentando tasse e tariffe.

Ha detto dei magistrati, che devono pagare in caso di errori. Non sa l’ex Ministro della giustizia che non avviene in nessun ordinamento che paga sempre lo stato, salva la rivalsa in caso di dolo o colpa grave. Per non condizionare i magistrati nelle loro indagini nei confronti dei potenti. Ciò a cui il partito del Cavaliere punta. Infatti vuole eliminare anche le intercettazioni scomode. Che poi sono quelle che svelano la corruzione nella quale sono coinvolti molti del suo partito.

Alfano rilancia: ”Ci sono due strade per vincere: unire i moderati con la guida di Mario Monti o, se il presidente Monti non si riterrà pronto a cogliere questa occasione che la storia gli consegna, saremo noi capaci di ricostruire l’area” dei moderati ”per vincere”.

Per lui ”la sinistra crede di aver già vinto. Si Sbaglia. Vogliamo e possiamo vincere ancora noi”.

Nel giorno che sarebbe dovuto essere quello delle primarie, Giorgia Meloni e Guido Crosetto, all’Auditorium della Conciliazione, suonano un’altra musica, contro Monti e il montismo. “Per noi Monti non è l’orizzonte e la candidatura di Berlusconi sarebbe un errore”, ha detto Meloni, mentre per Crosetto “un centrodestra credibile sa anche dire all’uomo che l’ha fondato e che gli ha portato voti ‘noi non siamo d’accordo con te’”.

Con quelle facce non si va da nessuna parte. Chiedere ai romani di votare Alemanno, ad esempio? Una follia. Un sindaco inesistente. E così via. Dio fa impazzire coloro che vuol, perdere! È così.

16 dicembre 2012

 

Berlusconi: più lo attaccano, più cresce

di Salvatore Sfrecola

 

“Più mi attaccano in Europa, più cresco nei sondaggi”. Può sembrare una sbruffonata, ma è abbastanza evidente che certi attacchi, soprattutto di provenienza germanica giovano al Cavaliere. Sbagliato, dunque, un titolo tipo “La Germania contro Berlusconi” (La Stampa) o “Merkel contro…” (Il Messaggero).

Queste critiche e preoccupazioni, fondate e meno, risvegliano quel poco di orgoglio nazionale che, nonostante tutto, è nel cuore e nella mente degli italiani, da sempre antitedeschi i quali, a livello di popolo, ci ricambiano di altrettanta antipatia, almeno dal tempo in cui Caio Giulio Cesare, passato il Reno su un ponte costruito a tempo di record dai genieri delle sue legioni, fece sentire ai germani il peso della daga romana.

Non è, dunque, con gli attacchi esteri, enfatizzati dai media italiani, che si può fermare la campagna elettorale del leader del Popolo della libertà o di Forza Italia 2.0, non è chiaro quale sia lo schieramento in campo. Anzi, semmai, un po’ per un ritorno di amor patrio all’indomani dei festeggiamenti del 150° dello Stato unitario ottenuto battendo l’odiato tedesco (che poi era austriaco!), queste iniziative possono avere l’effetto opposto a quello che molti si attendono.

Il “Governo germanocentrico” del Professore Monti può infatti apparire a molti una definizione appropriata, considerato il ruolo che la Repubblica federale tedesca si è ritagliato in Europa, come custode del rigore. Che alcuni potranno dire a senso unico. Come sempre ha fatto la Germania, già prima della sua riunificazione.

Il fatto è che non si può accusare altri di essere forti per mascherare la propria debolezza. Perché dobbiamo dire onestamente che il ruolo giocato dall’Italia, paese fondatore, in Europa è stato nettamente inferiore a quello che avremmo potuto rivendicare, tra l’altro ritagliandoci una posizione privilegiata nei rapporti con gli stati mediterranei con i quali i nostri rapporti culturali e commerciali si perdono nei secoli.

Abbiamo avuto al governo del Pese persone modeste, estremamente modeste, a destra e a sinistra, per cui oggi subiamo le conseguenze della scarsa credibilità delle nostre istituzioni e una evidente sottovalutazione della stessa rilevanza economica del nostro sistema produttivo.

In queste condizioni gli italiani possono essere indotti a non fare autocritica ma a sentirsi aggrediti. E questo giova a Berlusconi nella sua campagna elettorale. Che peraltro questa mattina non sappiamo come evolverà, considerato l’invito a Monti a farsi leader del centrodestra moderato. È un’idea che questo giornale aveva manifestato ripetutamente fin dall’indomani della formazione del governo dei tecnici, tenendola una evoluzione naturale.

La scelta di un leader come il Professore darebbe indubbiamente al centrodestra la possibilità di battere lo schieramento della Sinistra di Bersani e Vendola. Un’avvisaglia si è vista con la primarie che hanno incoronato Matteo Renzi  leader dell’ala moderata di una sinistra moderna, europea, senza nostalgie comuniste.

Berlusconi, che noi abbiamo criticato ripetutamente per come ha governato e messo nei guai il centrodestra, è tuttavia uno straordinario animale politico, un po’ corsaro ma certamente con grande intuito. La mossa di invitare Monti è certamente capace di spiazzare molti e di modificare gli equilibri politici, a destra ed a centro.

Non c’è che da aspettare le reazioni del Professore, che non saranno certamente immediate, come nello stile dell’uomo.

13 dicembre 2012

 

Politica e istituzioni

Lo spettro dell’ingovernabilità

di Salvatore Sfrecola

 

In avvio di campagna elettorale i sondaggisti accelerano le loro rilevazioni sulle intenzioni di voto, correggendo quel che fino ad oggi hanno detto e che non è più vero dopo la discesa in campo di Berlusconi.

Variano i dati offerti ieri al pubblico da La7 e da 8 e mezzo. E ancor più varieranno nelle prossime settimane. Ma un dato già emerge. Come li combiniamo i presunti consensi dei partiti, l’Italia sembra destinata d una nuova stagione di ingovernabilità. Che nuova non è certamente. Così è stato al tempo del Governo Prodi, quando la maggioranza che lo sosteneva alla Camera non aveva la stessa forza al Senato.

Sembra che quella situazione caratterizzerà la prossima legislatura. Lo fa temere il confronto che si apre tra partiti tenuti da un collante incerto, sia a sinistra che a destra, che al centro. Infatti, se il Partito Democratico presenta una certa compattezza essa è essenzialmente di facciata e regge finché non entra in gioco Vendola, con la sua capacità di ricatto per essere l’espressione più autentica della sinistra comunista e di un orientamento su quelli che lui chiama “diritti” ma che tali non sono, ad esempio, per i cattolici schierati con Bersani, come nel caso delle nozze gay e delle adozioni che il Presidente della Puglia reclama.

In una maggioranza a Sinistra potrebbe esserci sempre la Binetti di turno che perde la pazienza, che non ce la fa più a reggere una politica di dissesto della famiglia che subisce gli effetti di una mancata intelligente regolamentazione delle unioni di fatto, una realtà molto diversificata, solo che si pensi che sotto questa denominazione convivono coppie eterosessuali e omosessuali. Insomma una somma di problemi che costituiscono una mina vagante per la “maggioranza” esigua che si prospetta. Una disciplina che esalti il ruolo della famiglia come l'ha voluta la Costituzione con il ruolo di procreare ed educare, ma riconosca in qualche modo le coppie eterosessuali con diritti e doveri, dei quali mai si parla.

Vediamo che già i sondaggisti danno Berlusconi e i suoi possibili alleati al 25 per cento, un dato credibile, proprio per la generalizzata ostilità del popolo moderato verso la Sinistra che non ha oscurato l’immagine del vecchio partito comunista. Che ha dimostrato di non sapere né governare né fare l’opposizione. Una Sinistra che il Cavaliere aggredirà con veemenza ed argomenti che sul centrodestra fanno colpo. In particolate la paura della pressione fiscale. Berlusconi ricorderà che Amato ha messo le mani nelle tasche degli italiani, come ha fatto anche lui in altro modo che molti non ricorderanno. Perché è stata l’incapacità di governare che del PDL che ha impoverito gli italiani.

Eppure Berlusconi ha un notevole potenziale. E da quel 25 per cento può aumentare.

Al centro, purtroppo, c’è il vuoto. Anche questo giornale, che aveva visto con favore l’iniziativa di Casini di rimanere autonomo (“Corri Pierferdy, corri da solo” avevamo scritto nel 2008) deve oggi constatare che l’UDC non è cresciuta, forse a causa anche di screditati compagni di strada, non credibili, espressione del niente, senza nessun riferimento ideale. Né Montezemolo può portare significativi consensi in tempi brevi. Siamo nell’ordine di poche unità.

Ecco dunque che lo spettro dell’ingovernabilità torna ad aleggiare sul nostro sfortunato Paese nel quale non si riesce a formare partiti moderni, legati al territorio ed ideologicamente saldi, con una classe dirigente selezionata per meriti e capacità politica e di governo. La tecnica della cooptazione ha ammazzato la politica. Come in economia la moneta cattiva scaccia quella buona, in politica i cattivi politici tengono lontani i migliori. Ognuno si circonda di chi non gli fa ombra. E con queste mezze calzette che ci ritroviamo è facile che molti sentano il pericolo di essere scalzati.

È stato il peggior danno che Berlusconi ha fatto al Centrodestra. Quello di mettere in campo delle autentiche nullità, personaggi senza nessuna esperienza politica e professionale catapultati in Parlamento ed a posti di responsabilità di governo.

Andiamo verso un periodo di instabilità. Avete visto Renzi? Attaccato da esponenti del suo stesso partito timorosi di essere collocati a riposo. Gente modesta che non ha avuto neppure la capacità di comprendere che il giovane sindaco di Firenze avrebbe potuto restituire interesse ai cittadini verso la politica.

Il fatto è che questi mestieranti della politica, che stanno in tutti i partiti, sono abbarbicati alla sedia che hanno conquistato, perché non hanno altra risorsa, non un mestiere, non una professione che avrebbero dato loro autonomia di giudizio e capacità di percepire gli interessi della gente.

Pessimismo il mio? Non realismo! Ma sempre, comunque, fiducia che si possa cambiare, che la gente trovi un riferimento in una personalità che intenda impegnarsi in politica. Ma che non sia un uomo “della Provvidenza”. Ne abbiamo avuti troppi, come ricorda una nota barzelletta, con invito alla medesima Provvidenza a tenere con se questi personaggi. A noi bastano uomini comuni, ma onesti e capaci di dedicare il loro impegno agli interessi della Comunità. Sembra poco, ma sarebbe tanto.

11 dicembre 2012

 

Monti: il tramonto del tecnocrate

di Senator

 

“Addio monti sorgenti dall'acque …”. L’incipit de I promessi sposi sarà tornato in mente a molti in questi giorni, almeno da quando Angelino Alfano gli ha dato il benservito alla Camera su disposizione del Cavaliere. Addio Monti, professore, buoni studi di economia, importanti relazioni personali, disponibilità istituzionale, come ha dimostrato nel novembre 2011 accettando l’invito di Napolitano a salvare l’Italia sull’orlo del baratro. Tanti meriti ma scarsa sensibilità politica dimostrata da subito, fin dalla formazione della squadra di governo, con un ministro del lavoro sprovveduta e incapace di una disposizione transitoria che avrebbe evitato gli esodati, con un ministro dell’economia che è stato un modesto Ragioniere Generale dello Stato, con un Ministro delle sviluppo economico che non ha saputo neppure fare la mossa di un incentivo alla ripresa sul mercato interno, che non ha aperto o riavviato un cantiere.

Tecnici, senza nessuna conoscenza dell’apparato, circondati da grand commis buoni per tutte le stagioni, pessimi consiglieri dei governi Berlusconi e Prodi e via indietreggiando, che negli anni non hanno spiegato ai loro ministri che non si va da nessuna parre se non si riordina l’apparato e le leggi che ne disciplinano l'azione, se non lo si rende impermeabile alle influenze delle lobby, come dimostra il vergognoso dato sulla diffusione della corruzione, resa nota nei giorni scorsi da Trasparency International.

Un triste epilogo, dunque, per il Professore che pure aveva destato speranze, tanto che gli italiani si sono presto rassegnati a misure durissime, soprattutto fiscali ed alla mancanza di lavoro.

Triste epilogo di chi poteva circondarsi di persone capaci di curare le relazioni con la gente e con le categorie per convincerle a cedere su posizioni di potere assurde, dai notai ai tassisti, ai commercianti per attuare quelle semplificazioni che avrebbero dato immediatamente la sensazione agli italiani che qualcosa stava cambiando, che oltre la buona immagine internazionale il Professore era capace di governare, di operare per lo sviluppo pur assicurando la buona tenuta dei conti pubblici.

Invece di gaffe in gaffe lui ed i suoi ministri hanno rapidamente gettato via quel patrimonio di credibilità che pure lo aveva circondato, la cattedra universitaria, l’incarico europeo di Commissario alla concorrenza, i suoi editoriali sul Corriere della Sera.

E adesso? Avevamo pensato che si sarebbe potuto porre alla guida di un Centrodestra moderno, veramente liberale. Non è stato così, non poteva essere così per gli errori dei quali abbiamo appena detto. D’altra parte non gli sono stati buoni amici i centristi di Casini, appiattiti su iniziative impopolari senza che fossero accompagnate da qualche, sia pure labile, prospettiva di sviluppo, di ripresa dei consumi, di contenimento della disoccupazione.

Scenderà in campo il Professore? È probabile, ma non potrà andare lontano. UDC più Italia Futura fanno pochi punti. FLI è quotata come un prefisso telefonico. Una allegra brigata di professionisti della politica e di apprendisti politici, come Montezemolo, che non può attirare l’attenzione di consistenti fette dell’Italia moderata che sarà ancora una volta galvanizzata dal Cavaliere, con i suoi slogan azzeccati, con la critica al fisco esoso, con la contestazione delle scelte europee che non riesce ad avere una dimensione veramente politica, da stati uniti del vecchio Continente, come la volevano i padri fondatori. E poi c’è la critica alla magistratura, certamente pro domo sua, ma che Berlusconi sa condivisa da un popolo abituato a non rispettare le regole, dal parcheggio in seconda fila con le portiere chiuse, alla dichiarazione sostitutiva falsa, tanto non controlla nessuno, alla mazzetta facile, pagata o riscossa, per ungere le ruote.

Lontani dalla condivisione di valori etici, religiosi e civili, gli italiani del “franza o spagna purché se magna” non hanno la dignità di cittadini di uno stato che in effetti hanno conquistato con secoli di ritardo rispetto a Francia, Spagna o Inghilterra, forzati all'unione da Vittorio Emanuale II, Cavour, Garibaldi e Mazzini quando la maggioranza stava benissimo nello staterello inefficiente e corrotto dei quali fino al 1861 avevamo molteplici esempi.

In queste condizioni il populismo è la massima espressione della politica italiana. Ne abbiamo oggi due campioni, Berlusconi e Grillo. Chi prevarrà? Povera Italia! Avrà comunque perso chiunque di loro due vinca o domini lo scenario parlamentare. Perché al Partito Democratico, perso Renzi è venuta meno la possibilità di trasformarsi in un partito socialdemocratico europeo.

9 dicembre 2012

 

ULTIM'ORA: Monti annuncia le dimissioni

 

     All'uscita dal Quirinale Mario Monti annuncia le dimissioni. A chi giova l'accelerazione della crisi? E' presto per dirlo. Più probabilmente a Berlusconi anche se questa battaglia, che sa tanto di guerriglia, è certo che non gioverà all'Italia.

 

 

Berlusconi: non sottovalutatelo!

di Senator

 

Il giudizio negativo sull’operato di Berlusconi è noto. Questo giornale lo ha ospitato negli ultimi anni anche seguendo l’analisi condotta dal nostro direttore nel suoi libro “Un’occasione mancata”, uscito nel 2006 ed ancora di straordinaria attualità.

Ebbene in quel libro si dice che nel 2006, quando Fini e Casini erano da un paio d’anni convinti che il Centrodestra avrebbe perduto le elezioni, solo l’impegno di Berlusconi ha consentito una straordinaria rimonta con sconfitta di misura, per quei 24 mila voti che hanno dato la prevalenza a Prodi ma non gli hanno consentito di governare.

E va anche ricordato quel che Francesco Storace disse al nostro direttore: “ho letto il libro ed ho capito perché abbiamo perso per 24 mila voti quando avremmo potuto vincere per due milioni”.

Insomma, Berlusconi è un animale politico, uno che dà il meglio di se durante la campagna elettorale e trascina. Pertanto già i sondaggisti cominciano a rivedere le loro stime. Il Cavaliere non potrà vincere, ma è certo che sarà capace di raccogliere un consenso superiore a quello che fino a qualche mese fa si poteva prevedere. Il fatto è che il popolo moderato non vota a sinistra. Ha istintivamente una forte ostilità nei confronti dei postcomunisti, non li sopporta, in particolare quelli come Vendola. Inoltre ha subito in questo ultimo anno la falcidia di stipendi e pensioni, la crisi economica che impedisce ai suoi figli di trovare un lavoro, mentre lo toglie ai padri.

Questo popolo è pronto ad una campagna elettorale che demonizzi il Governo Monti e quanti lo hanno appoggiato. Per questo il Popolo della Libertà si è sfilato per tempo e Berlusconi riuscirà a far dimenticare che ha approvato alcune delle iniziative più severe del governo. Dirà che si è sacrificato, che ha lasciato il Governo per senso di responsabilità, che ha fatto un passo indietro per il bene del Paese e via dicendo. Tutti argomenti per una campagna elettorale che sarà combattuta senza esclusione di colpi, che metterà in seria difficoltà Bersani al quale l’ala sinistra chiederà di prendere posizioni largamente impopolari, soprattutto in materia fiscale,  dando spunti al Cavaliere, che recupererà anche su Grillo perché indubbiamente il leader del PDL protesta meglio del comico genovese.

Oltretutto l’accelerazione dei tempi della campagna elettorale per effetto dell’annuncio delle dimissioni del Prof. Monti, preannunciata questa sera, giova molto al Cavaliere che nei tempi brevi riesce a rendere di più, a promettere l’eliminazione dell’IMU sulla prima casa all’indomani del salasso di fine anno, con il cenone più sobrio, con meno fuochi artificiali, con tante preoccupazioni sul futuro.

Ne vedremo sicuramente delle belle in una campagna elettorale al calor bianco, che potrà portare a esiti diversi quanto agli schieramenti, tuttavia  con una conclusione certa, l’ingovernabilità.

8 dicembre 2012

 

Verso le elezioni

B contro B: il socialpopulista Berlusconi contro il comunista Bersani

e il centrodestra liberal cattolico sta a guardare

di Senator

 

Si giustificano a vicenda. Berlusconi scende in campo perché Bersani ha vinto le primarie e si appresta a capeggiare la Sinistra, compreso Vendola e soci. Una compagnia imbarazzante per gli ex margheritini, da Fioroni a Parisi, democristiani “di sinistra” da sempre, come la stucchevole Rosy Bindi, ma costretti a ingoiare bocconi amari quotidianamente, si tratti delle nozze gay, argomento sul quale Bersani ha molto insistito nella campagna per le primarie, per adesso abbandonato ma che certamente sarà ripreso quando Vendola lo incalzerà. Così per le adozioni da parte di quelle coppie.

Imbarazzo, come ebbe a sostenere Paola Binetti, così giustificando l’uscita dal Partito Democratico nel quale era entrata dicendo di essere stata sempre di sinistra.

In uscita la Binetti osservò che non si può convivere con i comunisti di sempre, sbiaditi ma al fondo fedeli alla falce e al martello della loro gioventù. Non più dipendenti da Mosca sono pur sempre impermeabili ai principi liberali che dominano l'occidente democratico.

Già emergono le argomentazioni di Berlusconi, le stesse del 1994. L’Italia rischia i comunisti al governo, la dissoluzione della famiglia, la tassazione selvaggia delle persone e delle imprese. Rispolvererà anche la tutela della Chiesa ed alzerà la bandiera del liberalismo, la riforma della Giustizia.

In realtà Berlusconi è un socialista craxiano, quindi sicuramente anticomunista e populista, ma non è un liberale, non crede nella legalità costituzionale, è espressione vivente del conflitto di interessi, avendo portato in Parlamento ed al Governo incapaci o affaristi, come dimostra l’occasione mancata del 2001-2006, quando con una maggioranza senza precedenti non ha saputo modernizzare il Paese. Ugualmente nel 2008, incapace di governare fino a cedere, a fine 2011, la guida del Governo di fronte alla situazione economica non prevista, anche se prevedibile, lasciando l’esecutivo ad una pattuglia di “tecnici” nella maggior parte privi di sensibilità politica, tanto è vero che non ha saputo portare a compimento le necessarie semplificazioni proprio nel momento del suo massimo consenso, né offrire incentivi allo sviluppo.

Oggi il Popolo della Libertà, che pure ha votato i provvedimenti impopolari del Governo Monti, anche quando necessari, si sfila e lascia il cerino tra le dita del PD che quelle stesse misure impopolari ha sistematicamente approvato sia pure con qualche distinguo.

È, dunque, una battaglia tra movimenti in difficoltà. E questo giova sicuramente a Berlusconi, molto più capace di Bersani di toccare i nervi scoperti della gente tartassata a tutti i livelli della società civile, a parlare “alla pancia” della gente come si usa dire.

Battaglia difficile, dunque, che dà spazio alla protesta di un altro populista di razza, Beppe Grillo, il cui Movimento cinque stelle è stimato sul 20 per cento dei votanti.

E il centro destra autentico, quello dei cattolici e dei liberali ma anche della destra dura e pura cosa fa? Poco o niente. Casini troppo appiattito su Monti e sulle misure del suo governo, che avrebbe potuto in parte condizionare e sulle quali avrebbe potuto rilanciare. Lo dicono i numeri che relegano l’UDC in un misero 5 per cento, nei sondaggi più favorevoli, limato da Italia Futura, mentre la Destra di Storace non supera la misura di un misero 2 per cento.

Così ricostruito, lo scenario è tragico per il Paese perché fa intravedere una maggioranza incerta, una situazione ingovernabile mentre l’Italia avrebbe avuto necessità di una guida sicura che restituisca efficienza alle istituzioni rappresentative della volontà popolare ed all’apparato amministrativo ai vari livelli di governo, assicurando agli enti gestori dei servizi sanitari e sociali quell’efficienza che sprechi e corruzione relegano a livelli modestissimi, comunque decisamente inferiori alle risorse impiegate.

Renzi ha promesso diligentemente fedeltà al PD del quale fa parte. Ma in questo modo è una risorsa sprecata. La sua campagna elettorale impetuosa e appassionata ha convogliato su di lui un’attenzione che non porterà voti al PD. Renzi è piaciuto per la sua impostazione moderata, sostanzialmente liberale, attenta ai valori ed ai diritti, non di quelli “alla Vendola”, per intenderci, ma a quelli autentici nei quali crede la maggioranza moderata di questo Paese.

Una lista Renzi è immaginabile. Qualcuno ne parla. Ma forse il Sindaco di Firenze attende di vedere se Bersani potrà e saprà governare. C’è per lui ancora tempo. Il dopo Bersani e Berlusconi può essere suo.

8 dicembre 2012

 

Il record della vergogna

Italia, sempre più corruzione

di Salvatore Sfrecola

 

Dopo le riserve della Cassazione sulle nuove norme battezzate anticorruzione arriva Transparency International Italia (info@transparency.it www.transparency.it) con le sue statistiche e l’indice di percezione della corruzione nel settore pubblico e politico.

Rinnovato nella metodologia l’indice è impietoso e posiziona nel mondo Italia al 72° posto su 174 con un . punteggio di 42 su 100

Anche quest’anno, dunque, il nostro Paese rimane in fondo alla classifica europea della trasparenza, accompagnato da Bulgaria e Grecia, con un voto ben lontano dalla sufficienza e soprattutto dai Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con un voto di 90/100).

Corruzione, opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e valutazione non comportano “solamente” una mancanza di moralità ed eticità nella governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economica e la credibilità dell’intero sistema Paese: la Corte dei conti – ricorda Trasparency - ha stimato che ogni punto in meno nel CPI pesa in maniera grave sugli investimenti esteri, che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità delle regole. Nell’ultimo rapporto del 2012 la Corte ha inoltre denunciato come la corruzione sia in grado di far lievitare i prezzi delle grandi opere

pubbliche fino al 40% in più.

60 miliardi ogni anno, secondo la Corte dei conti, esattamente la metà di quanto percepito nei paesi dell’Unione e Europea globalmente considerati. In sostanza l’Italia da sola fa la metà della corruzione negli altri 26 paesi.

Ieri sera la televisione ha ricordato che l’Emiro del Quatar aveva di recente espresso dubbi sulla possibilità di investire in Italia proprio a causa della corruzione diffusa a tutti i livelli.

Secondo la presidente di Transparency International Italia M. T. Brassiolo “Il Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica: non siamo solo noi addetti del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza nell’uso delle risorse pubbliche”.

I cittadini, pur mostrando una sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in particolar modo, dei partiti, richiedono allo stesso tempo un rinnovato impegno per riformare e modernizzare il Paese sui pilastri della legalità, della trasparenza e della responsabilità. Del Monte, project officer di TI-Italia, sottolinea come “i cittadini si sentano chiamati in causa e vogliono essere protagonisti del cambiamento. La loro partecipazione non può essere limitata al solo momento elettorale, ma può e deve diventare più incisiva e costante, anche grazie ai nuovi impegni in materia di governo aperto assunti dal nostro Paese”.

Le regole etiche alle quali Transparency International Italia intende chiedere l'adesione dei futuri candidati alle elezioni politiche regionali, nazionali ed europee si inseriscono in un processo di costruzione di una classe politica europea già in atto: "Dall'Unione Europea - osserva Nicoletta Parisi - proviene la richiesta di standard elevati di democrazia interna dei partiti, di responsabilità, di trasparenza, di condivisione dei valori dello Stato di diritto”.

Anche il sondaggio svolto internamente da TI-Italia fra i suoi soci e sostenitori conferma il giudizio negativo del CPI su settore pubblico e classe politica, sicuramente enfatizzato dai molti recenti scandali. Ritorna tuttavia un dato importante e per noi positivo: i cittadini si sentono protagonisti del contrasto alla corruzione. Che sia la sfiducia nelle istituzioni o un ritrovato senso civico, alla domanda su chi debba essere il leader della lotta alla corruzione, quasi il 30% risponde i Cittadini; seguono il Governo (25%) e, molto distante, la Magistratura (14%). È evidente il motivo. Il cittadino non vede calare la corruzione, non percepisce che la lotta alla corruzione, tanto spesso proclamata, non ha effetti significativi.

6 dicembre 2012

 

 

 

 

 

 


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