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MARZO 2009
 

La  patetica "leadership duale" del fedele Ronchi

di Senator

 

     Fa tenerezza il Ministro Ronchi quando immagina una "leadership duale" del Partito della Libertà. Ed è un po' patetico in questa sua difesa dell'identità di Alleanza Nazionale che va a confluire nel partito di Silvio Berlusconi. Non è l'unico che fa violenza alla realtà ed alla logica per affermare che il nuovo soggetto politico non sarà espressione di un pensiero unico, che ci sarà spazio per le idee e per gli ideali che hanno connotato AN nel tempo.

     Forse non ci sarà un pensiero unico perché il nuovo partito, come Forza Italia, è un crogiuolo nel quale si mescolano provenienze varie, per cui accanto a me, liberale e cattolico da sempre, militano ex socialisti, radicali, ex democristiani, delle varie sfumature. Ma è certo che il collante è Berlusconi ed incontrastata è, e sarà, la sua leadership.

     Lo ha sottolineato con la sua solita bravura Massimo Franco oggi sul Corriere della Sera quando scrive che Fini "non traghetta nel continente del Cavaliere un partito, ma una folla di singoli", neppure una corrente, neppure un gruppo o una realtà culturale. Singoli, che da domani dovranno confrontarsi con una realtà fortemente governata da un Capo che alla vigilia delle elezioni è stato chiarissimo: mi bastano trenta parlamentari bravi, gli altri si allineeranno. Anzi, oggi reclama il voto solo dei capogruppo. Chi dissente può votare contro. Senza speranza di essere ricandidato, ovviamente.

     Quale leadership duale immagina il fedele Ronchi, se Fini rinuncia a considerarsi il riferimento delle Destra, anzi aborre la stessa parola e l'ipotesi che il Partito della libertà possa essere qualificato espressione della Destra?

     Di Fini, scrive Franco, si ha l'idea "non sia più la destra". Il fatto è che non sa che cosa è. E' tutto, a giorni alterni di centro, spesso radicale, quando deve dare dispiaceri alla Chiesa, uno che ritiene che questo Paese sia senza idee e senza ideali, che possa essere governato alla giornata, per cui oggi contraddice quel che ha detto ieri e si appresta domani a dire una cosa ancora diversa.

     Forse Fini ha motivo di ritenere che questa sia la realtà italiana, dopo che è prevalso da tempo il partito degli affari, un partito potentissimo, trasversale, determinato.

     Mi auguro che sbagli. Anzi ne sono certo. Questo popolo antico e saggio non si può inaridire per aver subito per troppi anni una classe politica modesta e incolta. Gli italiani hanno riserve culturali e spirituali tali da reagire.

     E certamente reagiranno.

23 marzo 2009 

 

Verso una politica senza ideologie? E' meglio? O no?

di Salvatore Sfrecola

 

    Intervistato dall'ANSA in margine al congresso di scioglimento di Allenza Nazionale, Giano Accame, un intellettuale lucido, tra il vecchio MSI ed il Movimento di Randolfo Pacciardi, padre del presidenzialismo italiano, è convinto della scelta di Fini di confluire nel Partito delle LIbertà: Ha fatto bene, dice Accame, a de-ideologizzare il partito, a sgravarlo del peso della sua storia".
     Non ha dubbi che sia tramontato il tempo delle ideologie, che esse debbano essere superate. Tuttavia percepisce un rischio. "La deidelogizzazione, dice, può portare ad un eccesso di pragmatismo e quindi anche, in una ulteriore degenerazione che scade nell'affarismo. E' un rischio che va sempre tenuto da conto". Per Accame, "oltre la destra, oltre la sinistra - dice ricordando lo slogan sempre caro alla destra sociale dell'Msi - il vero ambito in cui si muove questa fusione é quello della deideologizzazione, una scelta che è positiva ma che impone nuove analisi, nuovi modi di essere, nuove sfide. Lo globalizzazione non è stata quel fenomeno negativo che oggi si tende a raffigurare".

     E' una tesi che non mi convince. Non faccio politica e non desidero farne in questa sede. La mia è una riflessione da storico, con la passione civile che dovrebbe animare ogni uomo di buona volontà che operi nella realtà del suo tempo. Ecco, chiamiamola passione civile, se non vogliamo usare la parola "ideologia", per troppo tempo e per molti legata ad esperienze negative del secolo scorso, il comunismo, il nazionalsocialismo, i fascismi delle varie obbedienze, tutti protesi ad imporre ad ogni costo il loro modello di società, non a confrontarsi con altri in una dialettica diretta a convincere ed a dimostrare con i fatti la fondatezza di intuizioni politiche, economiche e sociali.

     Tutto questo può essere abbandonat?. Non avremo più idee da presentare al confronto con quanti desiderano offrire modelli di sviluppo per la società, dall'istruzione alla sanità, alla tutela dell'ambiente al quadro istituzionale a garanzia dei diritti individuali e comunitari?

     Cadremo nel pragmatismo, che teme anche Accame, nella decisione che premia gli interessi, le lobby, che esclude o snatura ogni riferimento ideale, nella terra della fantasia, della filosofia politica, della dottrina sociale della Chiesa?

     Non è possibile, non può durare. L'uomo ha bisogno di credere in valori, che sono civili, spirituali, legati alla storia della sua terra, all'orgoglio dei suoi antenati, che l'hanno arricchita di immagini e di opere meravigliose, che non sono astratta definizione di spazi e di colori, ma espressione di idee, di riferimenti religiosi e civili: come nell'opera di Ambrogio Lorenzetti, sugli "effetti del buon governo", che campeggia nella home page del Sito Ufficiale della Corte dei conti. Un popolo così riprenderà a pensare in grande, a riflettere sui temi essenziali dello sviluppo economico e sociale in un ordinato assetto delle istituzioni, in un confronto civile tra diversi orientamenti, chiamiamoli così se non vogliamo parlare di ideologie, per guardare avanti nel tempo, per noi e per le generazioni a venire.

22 marzo 2009

 

Cronache da un congresso di chiusura

di Senator

 

     Mi aggiro tra i delegati di AN nel congresso 'ponte' che deciderà la confluenza nel Partito delle LIbertà, sbrigativamente chiamato Partito degli Italiani, uno slogan alla Berlusconi, che di comunicazione è un maestro. Meno i protagonisti, gli allucinati Ronchi, l'evanescente Meloni. Ignazio La Russa chiama a raccolta le stanche legioni, ormai rassegnate al passaggio "epocale", quel cammino che secondo Franco Servello "continua: non veniamo dal nulla e non siamo gente da poco''.

     "Non è un congresso di chiusura", tuona La Russa, "An e Fi sono gemelli, certo gemelli diversi, sono stati impegnati in un percorso verso una coalizione che è stata la più forte e moderna del dopoguerra". Il Pdl invece nasce per ''una libera scelta, una scelta di amore per l'Italia. Noi - spiega il reggente del partito - non abbiamo un problema di leader". In un partito, aggiunge, "che non può e non deve essere mono identitario". AN - aggiunge il Ministro della difesa - transiterà, confluirà, costituirà insieme agli alleati il Pdl, ma vi entrerà con tutta la sua storia e la sua identità''. E giù a sciorinare le regole dell'organizzazione, per far mandare giù la pillola amara ai vari Menia, che questa confluenza non l'hanno gradita, anche se parliamo di fedelissimi del leader. Lì a ricordare l'identità di Alleanza Nazionale.

     Identità, la storia del partito, un prezioso retaggio di idee che, assicura Schifani, "sarà ben custodito non soltanto da Berlusconi ma dalla nuova formazione politica che andremo a fondare".

     La frase del Presidente del Senato non piace a molti, conferma la leadership esclusiva di Berlusconi, Altro che diarchia. Non ha mai funzionato, neppure al tempo del Duce, cortesemente messo alla porta dal Re Vittorio Emanuele III, quando fu evidente che continuare nella follia della guerra a fianco di Hitler avrebbe portato altri lutti all'Italia.
     Quale futuro per Andrea Ronchi, Giorgia Meloni, Italo Bocchino? Nel breve periodo manterranno le loro poltrone. Poi tutti a casa. Diversa la prospettiva di  Gianni Alemanno. "Non provo nostalgia del passato - dice all'Adnkronos - non c'è il senso del distacco e della lacerazione rispetto al passato c'è solo una forte sensazione di proiezione verso il futuro" perché "io sono convinto che quello che adesso andremo a fare può essere molto più grosso e molto più importante della stessa Alleanza nazionale". Il fatto è che qualcosa di "grosso" la può fare solo Berlusconi.

     Il Sindaco di Roma ha più solide prospettive. Ma ce la deve mettere tutta e, soprattutto, deve fare finalmente il SIndaco, lavoro che, al momento non gli riesce ancora bene. Forse non ha capito che la poltrona del Campidoglio è più impegnativa di quella di via XX Settembre, dove ha trascorso con innegabili successi il quinquennio 2001-2006. Il fatto è che i Ministeri possono vivere anche senza Ministro. Non i comuni, soprattutto Roma, la cui struttura amministrativa è dominata da personaggi della sinistra che ritengono che la giunta di centrodestra sia solo una parentesi. Ne tenga conto Alemanno. Il rischio è che per impegnarsi nel nuovo partito trascuri ancora di fare il Sindaco. In questo caso avrà perso sui due fronti.

     Ancora una risorsa sprecata.

     Quanto a Gianfranco Fini, il suo destino più probabile è in Europa, un pensionamento anticipato ma dorato, che soddisfa la sua vanità. Un'altra "occasione mancata", direbbe il nostro Direttore. In realtà l'occasione non c'è mai stata. AN è stata in questi anni costantemente ai margini delle decisioni che ha preso sempre solo Berlusconi. Questa è la realtà. Allora è meglio che AN esca di scena, almeno si semplifica il quadro politico e viene meno un equivoco, quello secondo il quale Fini sarebbe stato un alleato del Cavaliere. In realtà è stato tollerato ed usato, finché ha fatto comodo all'uomo di Arcore che non gli ha mai concesso di contare.

     21 marzo 2009

 

Ha parlato di Pio XII e della Roma della guerra e del dopoguerra

Il Senatore Andreotti al Rotary Club Roma Sud

di Salvatore Sfrecola

 

     Serata al tutto completo giovedì sera all'Ambasciatori, per le conferenza del Senatore a vita Giulio Andreotti, organizzata  dal Rotary Club Roma Sud, per iniziativa del Presidente, Prof. Antonio Paolini.

      Ha voluto parlare soprattutto di Pio XII, rivendicando al Papa l'impegno in favore dei perseguitati e di quanti avevano bisogno di aiuto nella Roma occupata dai Nazisti, aprendo a tutti conventi e chiese perché sfuggissero alle retate che gli occupanti tedeschi conducevano quotidianamente nel tentativo di debellare la resistenza antinazista e per catturare gli ebrei.

     Un'azione, quella di Papa Pacelli, del resto nota a chi vive a Roma. Andreotti, con la sua verve tutta romanesca ha rievocato il clima difficile di quel periodo che tuttavia non è stato capace di fiaccare lo spirito dei quiriti i quali, ha ricordato, a quanti li interrogavano sulla situazione dicevano "nun se po' di'". Insomma è meglio il silenzio ma è difficile definire la situazione.

     E quanto all'azione di Pio XII in aiuto dei perseguitati ha raccontato un episodio che gli aveva riferito l'Abate di San Paolo. Questi obbedendo all'indicazione del Papa aveva ospitato i perseguitati ma aveva imposto a tutti, a garanzia della copertura che assicurava loro, che indossassero il saio. Così una donna, che chiedeva di essere confessata da uno di questi "ospiti", si sentì rispondere "non sono di turno".

     Battute su battute, rievocando le visite del Cardinal Pacelli alle nipoti vicine di casa, in via dei Prefetti, Andreotti ricorda che quell'austero prelato donava soprattutto cioccolatini graditi da tutti i ragazzi del palazzo. Cioccolatini che li distraevano per un attimo dall'attesa dei giocatori della Roma frequentatori del bar antistante.

     Cucina romanesca e dintorni, amatriciana e costolette, con contorno di patate al forno e spinaci. Poi dolce e frutta, il tutto innaffiato da ottimi vini.

      Una serata piacevole, perché il Senatore Andreotti ha stimolato anche ricordi e discussioni tra gli oltre centoventi, tra soci ed ospiti, che hanno partecipato alla serata.

     21 marzo 2009
 

23 marzo 1919 - 23 marzo 2009:

la parabola dei fascisti e postfascisti

In compenso finito l'equivoco AN potremo riscoprire la Destra vera, quella conservatrice e liberale che ha dato all'Italia uomini con alto senso dello Stato e grande attenzione per le esigenze sociali

di Senator

 

     Il 23 Marzo del 1919, quando ebbe luogo a Milano la prima Assemblea costitutiva dei Fasci Italiani di Combattimento, nessuno o quasi, in Italia ed all'estero, se ne accorse. Nessuno percepì la portata storica, politica, economica, sociale, culturale ed esistenziale di quell'avvenimento nell'Italia del dopoguerra, con il suo malessere politico in gran parte alimentato da una crisi economica profonda, tipica dei periodi successivi alle guerre che distruggono ricchezza e disarticolano il sistema produttivo condizionato dall'economia di guerra e dalla necessità di far fronte alle esigenze degli armamenti.

     In quel giorno lontano i giornali dedicarono all'avvenimento non più delle classiche ed asettiche dieci righe di formale resoconto nella cronaca locale di alcuni quotidiani milanesi.

     In questi giorni, ad Alleanza Nazionale, che chiude l'esperienza del partito che fu di Almirante, De Marsanich e Fini, erede del Fascismo o di una parte del Fascismo, per confluire nel Partito delle Libertà, i giornali dedicano molto più delle dieci righe che accompagnarono la nascita dei Fasci. Si sa, le commemorazioni, stavo per scrivere le "esequie", richiedono più parole, generalmente di commozione, ricordi struggenti di una vita che si assume gloriosa.

     E' così anche in questi giorni, anche se, intorno al caro estinto, tutti ipotizzano una reincarnazione nel nuovo corpo nel quale confluisce innanzitutto Forza Italia, del quale, in realtà,  come ho già scritto, il Partito delle Libertà è il nuovo nome.

     Faranno tutti finta di niente, la variegata compagine che si è schierata con Berlusconi nel tempo, ex socialisti, ex democristiani, liberali allo sbando ed adesso gli orfani di Alleanza Nazionale, per dire che è tutto nuovo, che è una casa comune nella quale tutti vivranno con pari dignità.

     E' una pietosa bugia. Il nuovo partito è saldamente in mano agli uomini del Cavaliere, che dopo qualche moina del tipo "prego si accomodi" dirigeranno le sorti del partito al centro ed in periferia secondo le indicazioni del Capo, lasciando qualche briciola solo laddove gli ex di AN vantano qualche significativo maggiore consenso.

     Per il resto la politica si fa ad Arcore, dove, a cena, si decidono le sorti del Paese e della politica.

     Con l'Assemblea di scioglimento di AN si semplifica la politica ed esce di scena un equivoco che ha percorso tutto il secondo dopoguerra fino ad oggi. Quello che gli eredi del Duce, comunque denominati, rappresentino la Destra italiana.

     Non ne sono stato mai convinto. MSI ed AN sono una costola nazionalistica e populista di una sinistra socialisteggiante che in Italia e nel mondo ha avuto varie incarnazioni, nessuna che si ricordi con generale soddisfazione. Una si è chiamata Nazionalsocialismo ed ha seminato morte in Europa e nel mondo.

     La Destra è altra cosa, come insegna in Italia il pensiero conservatore liberale che ha dato esempi di buona amministrazione e di alto senso dello Stato, senza trascurare le esigenze economiche e sociali delle popolazioni più disagiate. Si pensi alle riforme del decennio giolittiano all'inizio del Novecento.

     Eliminato l'equivoco AN, da oggi politici e politologi potranno liberamente riflettere e riprendere il filo del pensiero conservatore, per irrobustire il loro pensiero  oggi e domani in una prospettiva di valori, abbandonati e ripudiati nell'ottica di un abbraccio ecumenico che non ha portato nessun vantaggio alla società ed allo Stato.

     Chi ha esaltato la fine delle ideologie, avendo come riferimento quelle che hanno insanguinato il Novecento, dalla rivoluzione di Ottobre al Nazionalsocialismo appena evocato, hanno abbandonato anche le idee forza che alimentano e rendono nobile la politica.

     Mettiamoci al lavoro.

21 marzo 2009

 

Lasciate che il Papa faccia il Papa

di Salvatore Sfrecola

 

     C'è una cosa ce mi ha sempre disturbato nell'atteggiamento che assumono certi laici in rapporto alle questioni di fede o che comunque interessano la religione: l'improntitudine con la quale si mettono in cattedra ed insegnano, come si interpretano le Sacre Scritture e cosa devono dire il Papa ed i Vescovi in questioni di fede. Che anche quando interferiscono e sembrano interferire con vicende politiche vanno comunque interpretate in relazione al ruolo dei protagonisti ed alla loro missione.

     Così la questione dell'uso dei preservativi nell'Africa squassata da mille infezioni, compreso l'AIDS, dove mancano spesso le minime condizioni igieniche, che non causano epidemie apocalittiche solo per la resistenza insita in popolazioni da sempre abituate a convivere con miliardi di batteri e virus, va interpretata alla luce del messaggio evangelico che Benedetto XVI è andato a predicare nel grande Continente. Un messaggio di amore e di civiltà, perché i rapporti sessuali siano ricondotti nell'ambito di relazioni autentiche, non occasionali, illuminate da un sentimento di reciproco affetto.

     Piaccia o no questa è la missione della Chiesa, la quale favorisce le relazioni durature tra un uomo ed una donna destinate alla procreazione, cioè alla formazione di una famiglia. E' questo messaggio che non piace a certi laici che vanno predicando la disgregazione di ogni unione stabile, che non la ritengono limitata a persone di sesso diverso, che negano il valore sociale della maternità ed il ruolo educativo della famiglia.

     Il Papa fa il Papa. Lasciamoglielo fare. I laici ed i governi di questa Europa spesso assente sulla scena internazionale, politica ed economica, non cerchino alibi per distrarre l'attenzione dei cittadini elettori che potrebbero a breve chiedere il conto di una disattenzione grave per i problemi dello sviluppo ad una  politica che vive alla giornata e non  sa prevedere e prevenire.

     Forse per questo si occupa di preservativi. Il contrappasso è chiaro, diceva il mio professore di liceo.

19 marzo 2009

 

Ma già si pensa al dopo Berlusconi

Partito delle Libertà è il nuovo nome di Forza Italia

di Senator

 

     Bando alle ipocrisie! Partito delle Libertà è il nuovo nome di Forza Italia nel quale Alleanza Nazionale va a confluire.

     Era inevitabile? No certamente, come Bossi e più di Bossi Gianfranco Fini avrebbe potuto mantenere l'autonomia del partito, tonificandone i muscoli risvegliando in esso l'attenzione ai valori, con richiami alla storia della Patria alla vigilia del centocinquantesimo anniversario dell'unità nazionale. Con una sterzata liberal nazionale, alla Einaudi, per intenderci, ispirata alla tradizione e alla cultura di questo Paese, che non può non dirsi cristiana, quella che, invano, ha sollecitato nel tempo Domenico Fisichella, l'unica testa pensante di area che riscuota apprezzamenti convinti anche fuori di essa. Un personaggio illustre ma scomodo, uno che pensa, che sa, che studia, che pubblica un libro l'anno e che ci tiene a mettere in risalto la sua cultura, un fastidio per la gente incolta che circonda il leader. Senza idee, senza ideali, in sostanza senza una identità che avrebbe potuto essere ricomposta con un sapiente mix di valori laici sullo sfondo delle radici cristiane, AN non aveva più futuro, da quando la Fiamma non illuminava più un'area dell'elettorato sparsa sull'intero territorio nazionale.

     Così Fini ha preferito non farsi contare sul piano elettorale e non contare sul piano politico, rifugiandosi prima alla Farnesina e poi a Montecitorio, luoghi che soddisfano certamente quella vanità che ogni politico porta inevitabilmente nella sua bisaccia, ma che non si trasforma in voti ed in capacità di incidere nella realtà politica e di partito.

     Consegnando AN nelle mani di La Russa e Gasparri, che vedono in Berlusconi il capo assoluto del nuovo partito Fini ha rinunciato anche ad essere un autorevole capo corrente, ciò che gli avrebbe consentito di aspirare alla successione del Cavaliere, sia che salga al Quirinale, sia che venga chiamato più in Alto.

      In tali evenienze qualcuno immagina la dissoluzione di Forza Italia, pardon, del Partito delle Libertà, ma c'è anche chi pensa di tenere insieme le sue varie anime con il collante del potere. Ma c'è anche chi pensa ad una reentrè, alla testa di partiti di ideali, che possano restituire fiducia all'elettorato e l'orgoglio di un'appartenenza che, in fin dei conti, tutti sentono, sia pure in modo inespresso.

     Scenari sui quali si confronteranno già dai prossimi giorni politologi, politici e storici del futuro con previsioni che, al momento, è veramente azzardato fare.

18 marzo 2009

 

 

 

 

 

 

 


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